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08 Set

Riflessioni sulla psicoterapia a distanza

Riflessioni sulla Psicoterapia a distanza

Uno dei vantaggi del lungo periodo di lockdown è stato quello di costringermi a fare l’esperienza concreta della psicoterapia a distanza. Cresciuto in un paese degli anni cinquanta e perciò digital immigrant a pieno titolo, sono stato da sempre molto scettico verso il mondo del world wide web, e in questo senso, alla fine del mio saggio Corpo e psicoterapia corporea nel Villaggio Globale, attribuisco alla psicoterapia corporea una “posizione correttiva e compensatoria” rispetto alle tendenze prevalenti del nostro tempo, “l’evaporazione progressiva della natura, del corpo e delle forme concrete di relazioni umane”.1

Col lockdown ho imparato a svolgere delle sedute via Skype, Video-chiamata Whatsapp e anche, in ambito del progetto di collaborazione FIAP – Ministero della Salute, delle consulenze telefoniche. Tutto sommato sono state delle esperienze positive, vivaci, di incontri veri e significativi per entrambi i partecipanti, nonostante la situazione leggermente strana e anche un po’ più stancante rispetto al tipo consueto di seduta.

Insieme a queste esperienze nuove e positive ho trovato molto utili le stimolanti riflessioni di Paolo Migone nel suo saggio La Psicoterapia con Internet. Migone scinde accuratamente i vari ambiti e impostazioni tecniche in cui la psicoterapia avviene (psicoterapia sul lettino psicoanalitico, di gruppo, familiare, breve, ecc.) e i contenuti stessi della psicoterapia, ovvero “operare cambiamenti psicologici ‘strutturali’ nei pazienti”. Questi contenuti possono essere realizzati negli ambiti e con le tecniche più diverse, e Migone arriva perciò alla seguente conclusione: “La realtà ‘virtuale’ e quella ‘reale’ […] non sono l’una superiore o inferiore all’altra, ma due tipi diversi di esperienze, ciascuna rispettabile e meritevole di essere indagata, e ciascuna capace di fornirci preziose informazioni sulla natura umana”.2

In questo senso, la psicoterapia a distanza è stata una modalità importante e di prezioso aiuto in una situazione di grande emergenza collettiva. Per quanto riguarda un auspicato futuro di completa normalità, vorrei limitarmi a due brevi osservazioni:

– probabilmente, le richieste di terapia on-line aumenteranno notevolmente in futuro, considerando che le condizioni di tempo, energia di spostamenti e anche dei costi sono troppo vantaggiose, e in ogni caso la psicoterapia a distanza sembra coprire una grande gamma di bisogni da parte degli utenti. In questa situazione è comunque il paziente a decidere che tipo e quale modalità di terapia desidera se si rivolge a noi. Non abbiamo il diritto di imporgli il nostro approccio, abbiamo anzi il dovere di essere assolutamente flessibili, e se è vero che uno psicoterapeuta junghiano deve saper lavorare anche con un paziente che non ricorderà mai un solo sogno, è vero anche che uno psicoterapeuta corporeo deve saper utilizzare lo strumento d’emergenza della seduta a distanza.

– per quanto riguarda la sostanza della psicoterapia, rimane una profonda perplessità nei confronti della modalità on-line. Mi sembra che metta in atto una grande finzione non facilmente percepibile: la finzione della psicoterapia come “conversazione tra adulti”. In un suo contributo al riguardo, Maria Luisa Manca riporta una citazione di Donald Winnicott che definì il setting come “il contenitore che permette al passato del paziente di essere presente nello studio dell’analista”.3 Ed è proprio questa dimensione del passato ovvero la dimensione regressiva, evocata dalla presenza reale dell’altro, a mancare nell’incontro a distanza, conferendogli la dubbiosa apparenza di una conversazione tra adulti.

1Christoph Helferich, “Corpo e psicoterapia corporea nel villaggio Globale”. In: id., Il corpo vissuto. La cura di sé nell’analisi bioenergetica”. Alpes Italia: Roma 2018, 51-67, qui a p. 67.

2Paolo Migone, “La psicoterapia con Internet”. In: Psicoterapia e Scienze Umane, 2003, XXXVII, 4: 57-73, qui cit. secondo l’edizione in Psychomedia Telematic Review, Area Problemi di Psicoterapia (a cura di Paolo Migone), p. 8.

3 Maria Luisa Manca, “Luoghi, tempi e scenari della psicoterapia al tempo del Coronavirus”. In: Giuseppe Ruggiero (a cura di): Diversi orientamenti nel comune disorientamento: riflessioni e confronto. Circolare della Federazione Italiana delle Associazioni di Psicoterapia (FIAP), 2020.

03 Apr

La Peste

Leggere o rileggere oggi La Peste di Albert Camus (1913-1960) è un’esperienza molto strana, per non dire, con una parola cara all’autore, assurda. Perché l’opera, rappresentando l’eterna lotta dell’uomo contro “il male”, in primo luogo il destino della morte e poi i mali delle catastrofi naturali e quelli inflitti dall’uomo stesso, è concepita con un chiaro intento simbolico-allegorico, come parabola della condition humaine. Questo farebbe pensare a un carattere a-temporale o sopra-temporale dell’opera, le cui vicende concrete figurano solo come simboli o portatori di un “vero senso” nascosto e difficile da afferrare.

Invece non si può non rimanere colpiti dalla straordinaria somiglianza e dal preciso parallelismo tra gli avvenimenti descritti in questa cronaca, pubblicata nel 1947, e le terribili vicende alle quali da qualche mese siamo esposti: dal primo apparire dei topi morenti nelle strade della città di Oran (“hanno messo in circolazione decine di migliaia di pulci che trasmettono il contagio secondo una progressione geometrica, se no lo si ferma in tempo”, p. 491) ai primi veri morti; dall’iniziale incredulità degli abitanti al panico generale, dalla chiusura delle porte della città alla presa di consapevolezza che “da questo momento in poi si può dire che la peste fu cosa nostra, di tutti” (p. 51).

Ma anche tanti altri dettagli concreti rispecchiano questa somiglianza tra allora e oggi, anticipando nella fantasia narrativa la nostra esperienza attuale di più di settant’anni: la sospensione della vita commerciale (“persino il commercio era morto di peste”, p. 59) e il tramonto del turismo; l’attività degli speculatori; il social distancing nei tram (“I passeggeri, per quanto è possibile, si voltano le spalle per evitare un reciproco contagio”, p. 92); il pericolo di rivolte sociali che comportano l’istituzione del coprifuoco, e infine la triste razionalizzazione e burocratizzazione dei funerali, visto che al cimitero non c’è più posto per i troppi morti (“Quello che caratterizzava, in principio, le nostre cerimonie era la rapidità […] i malati morivano lontani dalle loro famiglie, le veglie rituali erano state proibite”, p. 134).

Certo, come maggiore differenza tra le due epidemie risalta subito la dimensione planetaria del male di oggi in cui non esiste più un territorio incontaminato e sicuro, mentre la città algerina di Oran della cronaca, con i suoi 200.000 abitanti, è sì ermeticamente chiusa dal mondo circostante, ma questo mondo rimane saldo e intatto. Questa differenza però rende solo più inquietante la nostra esperienza, la cui fine effettiva nessuno veramente osa pronosticare (“senza memoria e senza speranza, si stabilivano nel presente”, p. 141).

Abbiamo finora sottolineato quanto questo romanzo, alla luce della nostra esperienza attuale, si riveli “realistico”; un realismo lucido che viene superato solo dalla dimensione planetaria della realtà in cui viviamo. Credo però che ciò non tolga nulla al carattere simbolico-allegorico di quest’opera a cui accennato, che sollecita il compito dell’interpretazione. Che cosa “insegna” questo romanzo? Di che cosa è parabola? (“Io so di scienza certa […] che ciascuno la porta in sé, la peste, e che nessuno, no, nessuno al mondo ne è immune”, p. 195). Che cosa possiamo “imparare”, sia dalla cronaca immaginativa di allora che dagli avvenimenti di oggi, che tanto s’assomigliano?

Certamente non possiamo qui dare una risposta a queste domande; rimane compito di ogni singolo lettore immergersi in questo grande romanzo filosofico di Camus e confrontarsi con le sue tante verità. Fatto sta comunque che nella lotta del dottor Bernard Rieux, protagonista del romanzo e cronista degli eventi, si esprime un grande inno all’umanità. In questo senso, egli confessa laconicamente: “Essere un uomo, questo m’interessa” (p. 197). E in questo senso decide alla fine della battaglia di redigere il racconto, “per testimoniare a favore degli appestati, per lasciare almeno un ricordo dell’ingiustizia e della violenza che gli erano state fatte, e per dire semplicemente quello che s’impara in mezzo ai flagelli, e che ci sono negli uomini più cose da ammirare che non da disprezzare” (p. 235). Se consideriamo che Camus ha scritto questo romanzo tra il 1941 e il 1946, queste parole assumono un valore aggiunto a cui, secondo me, ancora oggi possiamo attingere.

Christoph Helferich

1Albert Camus: La peste. Trad. it. di Beniamino Dal Fabbro, ed. Tascabili Bompiani, Milano 2012.

03 Apr

Blaise Pascal: La condizione umana

Nei suoi Pensées, una raccolta di aforismi mai pubblicati in vita, Blaise Pascal (1623 – 1662) indaga tra l’altro sul divertissement, sulla spinta dell’uomo a cercare in continuazione divertimenti e distrazioni, dal più semplice contadino che gioca a carte al Re di Francia che va a caccia, per proteggersi dal pensiero della propria condizione umana. In questo contesto scrive:

Quando a volte mi sono messo a considerare le molteplici inquietudini degli uomini, e i pericoli, e i patimenti ai quali si espongono nella Corte e nella guerra, da cui nascono così tante discussioni, passioni, imprese ardite e non di rado malvagie, mi sono spesso detto che tutta l’infelicità dell’uomo viene da una cosa sola, il non sapere restare tranquilli in una stanza”.

Blaise Pascal, Pensieri, 139.

20 Feb

Sale della terra, Luce del mondo

Domenica nove febbraio 2020 ho assistito a un’omelia su un noto brano del Sermone della Montagna (Mat.5, 13-16)*, in cui Gesù paragona i suoi discepoli al sale e alla luce: Voi siete il sale della terra, inizia la prima parte di questo breve discorso; Voi siete la luce del mondo è l’allocuzione con cui inizia la seconda parte. Parole lusinghiere, sembra a prima vista, che descrivono i discepoli e il loro compito in un’aura di somma importanza per la salvezza del mondo intero.

Ma con una mossa sorprendente, il sacerdote don Fabio Masi ha fatto apparire una funzione del tutto diversa dei discepoli. Invitando i fedeli a riflettere sull’operato del sale e della luce, sulla loro essenza, ha evidenziato come la luce di per sé non aggiunge nulla di nuovo al mondo; la luce fa semplicemente apparire meglio l’insieme delle cose che già ci sono. E il sale, nel suo esaltare il sapore di un cibo comunque già presente, addirittura sparisce del tutto. In questo modo, nell’omelia il ruolo dei discepoli e del loro Vangelo stesso viene ridimensionato e precisato, in funzione di e di fronte a un mondo avente una già presupposta dignità propria.

A questo punto, in quanto psicoterapeuta, non potevo non fare un paragone. Infatti, mi sembra che i due principi elementari del nostro lavoro, l’accettazione incondizionata del paziente così come l’ascolto empatico, rappresentino un atteggiamento paragonabile al messaggio dell’omelia. È l’atteggiamento di estrema umiltà del professionista di fronte al paziente. Per accettare l’altro per così com’è, è il terapeuta che deve spogliarsi del proprio sistema di valori; per ascoltare in maniera empatica, è il terapeuta che deve mettersi nei panni del paziente, per seguire i suoi movimenti e per stargli vicino nell’esplorazione del suo mondo interiore. E ancora: spetta al terapeuta adattare i suoi strumenti e il suo approccio specifico alle esigenze del paziente, non viceversa. Ed è proprio questo lavoro di rinuncia da parte del terapeuta a dare spazio al paziente, è il humus fertile per avviare lo sviluppo del suo potenziale, per usare una parola cara a Carl Rogers, il fondatore della psicoterapia umanistica.

Chissà perciò se anche nelle nostre sedute di psicoterapia, negli incontri settimanali a pagamento, risplende a volte un barlume di questa Luce del mondo di cui parla Gesù; chissà se anche nelle nostre sedute si può a tratti assapporare quel gusto ben condito che distingue una “vita buona”. Ma a parte di questa considerazione sulla mia professione, credo che le metafore del sale e della luce, intese nel senso di questo sermone, dovrebbero guidare la vita di chiunque lavora nel campo dell’educazione e di ogni genitore; dovrebbero guidare la vita di tutti noi.

* * * * *

*Voi siete il sale della terra; ma se il sale diventa insipido, con che cosa si dovrà dare sapore ai cibi? A null’altro sarà più buono, se non ad essere gettato via e calpestato dalla gente.

Voi siete la luce del mondo; una città posta su un monte non può restare nascosta.

Nemmeno si accende una lucerna per metterla sotto il moggio; la si pone invece sul candelabro affinché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa.

Risplenda così la vostra luce davanti agli uomini, affinché, vedendo le vostre buone opere, glorifichino il Padre vostro che è nei cieli.

04 Dic

Nuovo studio a Firenze in Via G. C. Vanini 11.

Cari amici,

vi comunico che da gennaio aprirò un nuovo studio di psicoterapia a Firenze, in Via G. C. Vanini 11 (zona Ponte Rosso), che si aggiunge a quello di Bagno a Ripoli.

Grazie dell’attenzione, un saluto cordiale, Christoph Helferich

 

21 Nov

Rainer Maria Rilke: Giorno d’autunno

Giorno d’autunno

Signore: è tempo. Grande era l’arsura.
Deponi l’ombra sulle meridiane,
libera il vento sopra la pianura.

Fa’ che sia colmo ancora il frutto estremo;
concedi ancora un giorno di tepore,
che il frutto giunga a maturare, e spremi
nel grave vino l’ultimo sapore.

Chi non ha casa adesso, non l’avrà.
Chi è solo a lungo solo dovrà stare,
leggere nelle veglie, e lunghi fogli
scrivere, e incerto sulle vie tornare
dove nell’aria fluttuano le foglie.

Herbsttag

Herr: es ist Zeit. Der Sommer war sehr groß.
Leg deinen Schatten auf die Sonnenuhren,
und auf den Fluren laß die Winde los.

Befiehl den letzten Früchten voll zu sein;
gib ihnen noch zwei südlichere Tage,
dränge sie zur Vollendung hin und jage
die letzte Süße in den schweren Wein.

Wer jetzt kein Haus hat, baut sich keines mehr.
Wer jetzt allein ist, wird es lange bleiben,
wird wachen, lesen, lange Briefe schreiben
und wird in den Alleen hin und her
unruhig wandern, wenn die Blätter treiben.

 

16 Ott

Il canto di Partenope

VIII° Congresso FIAP

Il Canto Di Partenope. La Psicoterapia Sulla Rotta Del Cambiamento

Napoli, 4-7 ottobe 2018

Nella cornice suggestiva di Napoli, presso la Stazione Marittima, si è svolto, dal 4 al 7 ottobre, l’VIII° Congreso FIAP, “Il Canto di Partenope. La Psicoterapia sulla Rotta del Cambiamento”. La FIAP (Federazione Italiana delle Associazioni di Psicoterapia), fondata nel 1997, è un’importante organizzazione-ombrello che riunisce le varie scuole private di psicoterapia in Italia, per rappresentarle insieme e proteggere i loro interessi comuni nello spazio pubblico-legislativo. Ma nel corso della sua esistenza, la Fiap ha anche sviluppato un dialogo fecondo tra le varie scuole e correnti che la costituiscono e con il mondo scientifico in generale.

Secondo questo spirito di ricerca interdisciplinare che la contraddistingue, la FIAP quest’anno per il suo VIII° Congresso ha scelto di affrontare il tema del cambiamento non solo in ambito clinico, ma anche da una prospettiva socio-culturale. Questa impostazione è stata reppresentata al meglio dai due ospiti di spicco, Frank Lachman (fondatore dell’Institute for the Psychoanalytic Study of Subjectivity di New York) e Patricia Critenden (Presidente della International Association for the Study of Attachment), i quali hanno anche condotto i due workshop pre-congressuali su “Infant Research e Psicoterapia degli adulti” e “Pericolo, Trauma e Resilienza”.

Naturalmente non possiamo qui entrare nel merito delle tante relazioni e dibattiti, dei panel, delle tavole rotonde, dei workshop e delle lecture in sessioni paralleli che in maniera serrata si sono susseguiti durante il Convegno. Dobbiamo limitarci qui a indicare soltanto lo “scheletro”, l’intelaiatura generale delle quattro giornate.

Giovedì: “Le parole del cambiamento” (una lezione magistrale del filosofo Felice Cimatti);

Venerdì: “Cambiamento e complessità”;

Sabato: “Cambiamento e relazione terapeutica”;

Domenica: “Il cambiamento tra Neuroscienze e Psicoterapia”.

Inoltre, Giuseppe Ruggiero, napoletano doc, ormai ex-Presidente Fiap e Presidente del Congresso , ha organizzato un ricco programma culturale: “Le voci di Partenope”, un dialogo tra esponenti del mondo letterario e artistico napoletano, la cena sociale del venerdì nonché una rappresentazione teatrale il sabato sera a cura dell’Associazione artistica-culturale “La nuova comune”.

Secondo le usanze FIAP, il Congresso si è concluso con un ultimo “cambiamento”, il passaggio di Presidenza da Giuseppe Ruggiero a Luisa Martini, incaricata per i prossimi due anni.

Last but not least: attraverso la sua Presidente Patrizia Moselli, i vari membri del Consiglio Direttivo e numerosi contributi di altri soci esperti, la SIAB è stata ben presente nelle varie manifestazioni del Congresso. Inoltre possiamo ritenerci molto soddisfatti che siano stati presentati ben tre volumi curati o redatti da membri della SIAB: “Amore e Psiche” (gli Atti del precedente Convegno FIAP a Ischia nel 2016), a cura dell’allora Presidente Luisa Manca, “L’approccio bioenergetico alla psicoterapia infantile”, a cura di Livia Geloso. e “Il corpo vissuto. La cura di sé in analisi bioenergetica” di Christoph Helferich.

20 Lug

George Eliot: The meeting eyes of love.

A child forsaken, waking suddenly,
whose gaze afeard on all things round doth rove,
And seeth only that it cannot see
The meeting eyes of love.

Un bambino abbandonato, che si sveglia all’improvviso
E lo sguardo erra su tutte le cose circostanti
E vede solo che non può vedere
Gli occhi dell’amore che gli rispondono.

George Eliot (1819 – 1880)

cit. in John Bowlby,
Attaccamento e Perdita.
vol. I, nuova ed. 1999, p. 39.

16 Lug

Nella Torre di Babele: Lingue e culture diverse in psicoterapia. Esperienze a confronto

Dal 4-7 ottobre 2018 si svolgerà a Napoli l’VIII° Convegno FIAP: Il Canto di Partenope. La psicoterapia sulla rotta del cambiamentoIn questa occasione sono stato invitato dai colleghi fiorentini Lucia Mariotto e Gianluca Provvedi a tenere insieme un workshop su Lingue e culture diverse in psicoterapia: una diversità feconda? Esperienze a confronto.

 Vorrei intanto presentare alcune stimolanti citazioni a proposito di questo argomento. L’autrice è psicoanalista di madrelingua francese che vive e lavora nella città di Bonn in Germania.

 

Citazioni

Il piacere del parlare è legato alla qualità dello scambio affettivo del bambino”.

…come il linguaggio, per il suo investimento affettivo, si fa messaggero di tracce inconsce della memoria”.

Non esiste una percezione oggettiva delle parole. Le percepiamo sempre con le tracce della memoria che le accompagnano. Bion parla a questo proposito di ombra associativa.

Le parole nuove permettono un distanziamento dagli investimenti emozionali della lingua d’origine.

Anche il suo inglese è misero, ma non disturba nessuno [nella ditta]. Rappresenta per lui un buon mascheramento”.

…se una lingua straniera può diventare lingua dell’inconscio”.

…che si può senz’altro analizzare in una lingua straniera. Rimane però aperta la questione, se all’analisi non sfuggano degli aspetti essenziali”.

Una nuova lingua dà la possibilità di creare una nuova immagine di sé”.

…che la Francia come suo nuovo paese e il francese come nuova lingua in un primo momento hanno reso possibile un lasciare in retroscena (rimuovere, scindere) dei conflitti infantili con la madre, il padre e i fratelli, offrendole una nuova identità di sé: un’identità scelta da se stessa, apparentemente più sana […]. Attraverso la lingua nuova aveva una seconda chance di auto-definizione”.

Facciamo l’esperienza che la lingua che parliamo induce gli altri a stimarci, ad ammirarci, a deriderci, a svalutarci o addirittura a disprezzarci, a seconda la qualità del parlato e dello scritto”.

La prima lingua appresa in tenera età viene padroneggiata in modo tale da farne un segno inconfondibile di appartenenza, lungo la vita intera. Una lingua imparata più tardi invece non si padroneggia mai completamente, non si raggiunge mai una sicurezza nella costruzione delle frasi, e le imperfezioni dell’intonazione, per quanto siano minime, caraterizzano il parlatore come straniero”.

È la mia esperienza che gli elementi rimossi e scissi arrivano alla superficie sia nella lingua madre che nella lingua straniera, nel momento in cui la coppia analitica è in grado di verbalizzarlo”.

Finora ho sempre potuto constatare che le difficoltà di comprensione hanno un’altra causa che non le lingue – ma esse possono nascondersi dietro le lingue”.

Valérie Bouville, Zur Bedeutung der Wahl einer Sprache [Il significato della scelta di una

lingua]. In: Psyche VI, giugno 2018, p. 459-484.

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Dott. Christoph Helferich
Psicologo Psicoterapeuta
Analista bioenergetico
Supervisore e Didatta della Società Italiana di Analisi Bioenergetica (S.I.A.B.).

Studi: Via G. C. Vanini 11,
50129 Firenze.
Via A. M. Enriques Agnoletti 50, 50012 Bagno a Ripoli (Firenze Sud).

tel. 333 468 9183
christoph.helferich@gmail.com

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