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30 Set

Thomas Fuchs: La mente incarnata. Invito alla lettura

THOMAS FUCHS: LA MENTE INCARNATA

Invito alla lettura

Thomas Fuchs, nato nel 1958, è filosofo e psichiatra clinico; è titolare della prestigiosa cattedra Karl Jaspers dell’Università di Heidelberg, dove insegna Istituzioni filosofiche della psichiatria e psicoterapia. Ha inoltre coordinato importanti progetti europei di ricerca, ed è dal 2013 Presidente della Società Tedesca di Antropologia, Psichiatria e Psicoterapia fenomenologica.

Per rendere con poche parole il nucleo del suo pensiero, conviene partire da un’affermazione dello stesso Karl Jaspers, secondo cui “in fin dei conti, l’immagine dell’uomo che riteniamo quella giusta, è decisiva per il rapporto che abbiamo con noi, con gli altri e con la natura”.

In questo senso, Fuchs ha a cuore un immagine o una visione umanista dell’uomo. Al centro di questo umanesimo sta la persona umana, “esseri incarnati e animati”, dotati di libero arbitrio e costitutivamente sociali, in connessione con gli altri.

Fuchs distingue questo tipo di umanesimo nettamente e polemicamente dall’immagine scientista dell’uomo, diffusissima nel nostro mondo accademico. Lo scientismo si definisce soprattutto per una concezione naturalista e coerentemente causale del mondo, in cui l’uomo in fin dei conti appare come “somma dei suoi dati”, e in cui non c’è spazio per un ruolo costitutivo della nostra soggettività.

Il campo di battaglia tra queste due concezioni è la teoria della mente, e più concretamente del cervello. Secondo una lunga tradizione filosofica e scientifica, il nostro cervello è un organo più o meno a sé stante che produce una rappresentazione interna del mondo. Le attuali neuroscienze e la neurobiologia riprendono e riformulano questa antica idea della rappresentazione interna di un mondo esterno, e intendono gli organismi viventi come macchine biologiche guidati secondo gli algoritmi dell’informatica neuronale.

A questo concetto della mente basato sull’idea della rappresentazione, Fuchs contrappone, in sintonia con una forte corrente alternativa al pensiero dominante, il paradigma della mente incarnata. “Mente incarnata” (embodied mind) significa una teoria del cervello come essenzialmente inserito nel e in funzione del processo vitale di un organismo, in continua relazione dinamica col mondo. In quest’ottica cosiddetta enactive, “enattiva”, Fuchs comprende perciò il cervello come “organo di mediazione” (Beziehungsorgan). Organo di una mediazione circolare tra le varie parti e funzioni del singolo organismo stesso, nonché tra la vita dell’organismo con il mondo fisico e sociale circostante. Una conseguenza importante di questa concezione è la tesi che il nostro Io non è localizzato nel cervello, ma in tutto il corpo.

In questo senso Fuchs arriva ad abbozzare un’antropologia corporea, che nella sua recente raccolta di saggi, Difesa dell’uomo, riassume con le seguenti parole: “Il vero progetto alternativo ad un’immagine naturalista e riduttiva dell’uomo consiste nella sua corporeità e vitalità, costitutiva della persona. Le idee-guida di una visione umanista dell’uomo non sono l’interiorità astratta, una coscienza senza corpo o uno spirito puro, bensì la sua concreta esistenza corporea”.

Mi sembra evidente che il paradigma della mente incarnata sia basilare per la nostra attività come psicoterapeuti. Fuchs sviluppa il suo pensiero nel libro Ecologia del cervello. Fenomenologia e biologia della mente incarnata, recentemente tradotto anche in italiano (casa editrice Astrolabio, Roma 2021). Rimando anche al mio saggio You are Your Body (in via di pubblicazione nella nostra rivista Corpo & identità), in cui utilizzo il pensiero fenomenologico di Fuchs per interpretare la famosa affermazione di Alexander Lowen nel suo libro Bioenergetica, appunto, che “Siamo il nostro corpo”.

Su YouTube si trovano inoltre numerosi video con Thomas Fuchs, tra i quali mi sembra particolarmente adatta, come introduzione al suo pensiero, un’intervista dal titolo The Embodied Mind.

Christoph Helferich

25 Apr

You are your body. Considerazioni sul rapporto tra Io e corpo

You are Your Body

Considerazioni sul rapporto tra Io e corpo

di Christoph Helferich

Introduzione

Nel secondo capitolo di Bioenergetica del 1975, Alexander Lowen, partendo dalla nozione di energia, presenta i concetti-base del suo pensiero. Nel paragrafo Your are Your Body, tradotto in italiano come “Siete il vostro corpo”, scrive:

La bioenergetica si basa sulla semplice proposizione che ogni persona è il proprio corpo [Bioenergetics rest on the simple proposition that each person is his body]. Nessuno è nulla al di là del corpo vivente in cui ha la propria esistenza e attraverso il quale si esprime e si pone in relazione con il mondo che lo circonda. Sarebbe assurdo negare la verità di questa affermazione: sfido chiunque a citare una parte di se stesso che non faccia parte del suo corpo. La mente, lo spirito e l’anima sono aspetti di ogni corpo vivente. Un corpo morto non ha mente, ha perduto lo spirito ed è stato abbandonato dall’anima (Lowen, 1975, p. 44-5).

Il lettore è portato immediatamente ad acconsentire a queste affermazioni, tanto più che l’evocazione della morte non lascia dubbi sull’equazione tra persona e corpo. Tuttavia il discorso di Lowen, che non a caso esibisce una ingenuità di maniera [simple proposition], in verità rappresenta una grande sfida al senso comune. Infatti, a ben pensarci, noi tutti siamo in fondo convinti che il nostro Io, ovvero il nucleo stesso della nostra persona, sia ben più del nostro corpo, sia fatto di parole, pensieri, consapevolezza, e che questo Io risieda non già nel corpo intero, ma in qualche parte del cervello, sede della consapevolezza di sé.

L’identificazione tra “persona” e “Io consapevole” appare talmente ancorata nella coscienza comune, nel nostro quotidiano vivere, che non sarebbe esagerato riconoscerla come common ground della nostra stessa cultura. Ciò renderebbe il principio lowenian You are Your Body semplicistico e riduttivo. Per dirimere meglio la questione proviamo innanzitutto a vedere brevemente le principali ragioni che stanno alla base di questa identificazione tra persona e Io consapevole.

Io – la consapevolezza di sé

La prima e più importante ragione di tale identificazione sta nel rapporto strumentale col proprio corpo. Anche se il nostro vissuto del corpo in verità è molto complesso, si può senz’altro constatare che nella vita quotidiana il corpo è considerato essenzialmente come strumento per la realizzazione dei nostri obiettivi. Il corpo è percepito come se fosse al servizio dell’Io, di un Io timoniere che guida la sua nave secondo il proprio arbitrio. E se la nave poi è anche sufficientemente bella, ciò riesce anche a soddisfare i desideri narcisistici del timoniere.

La seconda ragione dell’identificazione tra Io consapevole e persona è che la nostra percezione del mondo e di noi stessi è mediata dal linguaggio. Il nostro corpo e i nostri sentimenti ci sono accessibili attraverso la mediazione delle parole che li nominano e ce li rendono presenti. Facile dunque identificare il nucleo del nostro essere con la funzione linguistica e in senso largo con i nostri processi mentali, base e medium della consapevolezza di sé, dell’Io.

La terza ragione riguarda la memoria, pilastro della nostra identità, anch’essa situata nel cervello. Anche la memoria è mediata linguisticamente, è racconto composto dai tanti racconti che plasmano il nostro senso di sé. Ripercorrendo il passato con la memoria narrativa, si prova solitamente un senso di continuità intima di sé attraverso il tempo, una specie di “Sé atemporale”, zeitloses Selbst, com’è stato chiamato (Radebold, 2010).

You are Your Body, dunque? Abbiamo elencato per sommi capi tre potenti ragioni per cui tendiamo a identificare il nostro Io, più che col nostro corpo, con la dimensione linguistico-mentale. È un’equiparazione immediata e spontanea, che identifica la base del nostro Io nel cervello, in particolare in quell’area in cui avviene la creazione del linguaggio.

Il corpo come minaccia

Ma esiste forse un più recondito motivo di scetticismo di fronte all’affermazione You are Your Body. Si tratta di una sorta di profonda diffidenza nei confronti del corpo. Viviamo solitamente in uno stato di guerra o comunque di continua preoccupazione e vigilanza sul corpo in quanto sede della nostra animalità, delle pulsioni, della sessualità e delle emozioni in generale. Per ricordare che siamo usciti dallo stato di natura basterebbe pensare al racconto biblico della cacciata dal paradiso terrestre. Siamo esseri culturali, e in un lungo percorso evolutivo abbiamo imparato a dominare la sfera affettivo-pulsionale legata alla nostra corporeità, che rimane comunque un terreno tendenzialmente pericoloso, ed esige vigilanza e controllo continuo da parte nostra. In questo senso, Socrate è stato indicato come modello culturale, come primo rappresentante storico di un individuo autonomo, indipendente e razionale, sulla base di un perfetto controllo della propria affettività (Böhme, 1988).

Se di solito riusciamo comunque a gestire la dimensione sessuale e affettiva della corporeità sufficientemente bene, più difficile ancora risulta accettare l’estraneità e la fragilità in essa insita. Per molti versi, il corpo appare come “altro da sé”, “estraneo”, fatto di ossa, carne, liquidi e altri elementi che seguono delle leggi e dei percorsi indipendenti dalla nostra conoscenza e volontà. Temiamo quest’alterità del corpo soprattutto per la sua fragilità. Il corpo in quanto natura è esposto, minacciato nella sua integrità da pericoli o da malattie anche gravi e comunque fuori dal nostro controllo.

Questo rapporto difficile con la nostra corporeità si aggrava ulteriormente di fronte alla finitudine, alla caducità e alla minaccia della morte. La consapevolezza della finitudine ci caratterizza come esseri umani, e proprio in quanto dotati di consapevolezza, ci differenzia dal mondo che ci circonda. È quella che il filosofo Gernot Böhme ha chiamato un Riss im Sein, una crepa nell’essere, segno distintivo dell’umano.

Il dualismo occidentale

Abbiamo dunque visto fin qui le ragioni che contrastano con l’iconica affermazione di Lowen You are Your Body. Sono le stesse ragioni che stanno alla base del dualismo occidentale, visione in cui l’essere umano appare come composto da due entità o dimensioni, l’anima e il corpo. Secondo tale visione, l’anima solitamente rappresenta la parte più preziosa, se non divina, dell’uomo.

È vero che questa visione oggi è frequentemente messa in discussione, ma è altrettanto vero che per millenni ha profondamente plasmato la cultura e il pensiero occidentale. Perciò è saldamente presente nel linguaggio e nell’immaginario collettivo, così come nella scienza teorica e applicata. Il paradigma dualistico è ancora presente, ad esempio, nelle scienze cognitive, che postulano una coscienza separata dal corpo e dal mondo esterno, o nella chirurgia dei trapianti, in cui il corpo umano è considerato un insieme di pezzi sostituibili a volontà: l’Io o l’anima è comunque altrove.

Considerate le attuali infinite potenzialità della tecnica, potremmo citare molti altri campi d’applicazione in cui il corpo appare come mera res extensa e perciò come puro oggetto della volontà umana. Ma fortunatamente esistono anche delle controtendenze, come l’ambito della medicina psicosomatica. La medicina psicosomatica si basa sulla profonda consapevolezza dell’intimo nesso tra sfera psichico-affettiva e dimensione corporeo-organica e considera l’organismo come unità dinamica delle due sfere nelle loro manifestazioni.

Insieme alla visione dualistica che contrappone Io e corpo, si può osservare una generale consapevolezza diffusa circa l’originaria identità tra corpo e persona. Come già accennato riguardo l’uso strumentale del corpo, sappiamo bene di avere un corpo, il cosiddetto corpo-oggetto. Ma a livello intuitivo-esistenziale sappiamo anche di essere il nostro corpo, il corpo vissuto in cui si esprime la propria personalità (vedi l’Introduzione in Helferich, 2018, IX-XIII). È soprattutto in situazioni estreme come dolori somatici o disturbi sessuali, che all’improvviso il nostro essere corpo si fa imperiosamente notare, mentre solitamente l’esperienza viva del proprio corpo, il corpo vissuto, rimane in retroscena. Perciò la maggior parte delle persone dimostra poca consapevolezza corporea, e la nostra cultura soffre di una generale “dimenticanza del corpo”.

La fenomenologia

Corpo-oggetto e corpo vissuto sono termini coniati e usati in ambito della fenomenologia, la scienza sistematica dell’esperienza soggettiva e delle sue principali strutture. La fenomenologia, che a lungo è stata considerata un sapere filosofico marginale all’ombra della filosofia analitica di stampo anglosassone, da alcuni decenni invece si è notevolmente affermata, contribuendo attivamente a una visione più ampia dell’essere umano. Ci riferiremo d’ora in avanti al pensiero di un rappresentante dell’attuale fenomenologia, Thomas Fuchs, filosofo, psichiatra e titolare della prestigiosa cattedra Karl Jaspers dell’Università di Heidelberg.

All’inizio del suo saggio programmatico “Il cervello, un organo di relazione” (Fuchs, 2010), Fuchs presenta tre tesi incisive: “Il mondo non è nella testa. Il soggetto non è nel cervello. Nel cervello non ci sono dei pensieri”. Con queste tre tesi, l’autore si oppone al paradigma dualistico, attivo nelle attuali neuroscienze cognitive. Come abbiamo già visto, si tratta di un paradigma in cui la coscienza viene intesa come rappresentazione interiore mentale di un mondo e di un Io costruito nel cervello. In questa visione, il corpo funge da macchina di supporto fisiologico dei processi mentali.

Il titolo del saggio di Fuchs invece indica già una diversa impostazione: il cervello è “organo di relazione” di un essere vivente in un concreto mondo circostante. Infatti, il concetto di essere vivente o organismo vivente è per Fuchs l’“entità primaria” (p. 16), il punto di partenza per comprendere il cervello e le sue funzioni come “organo di mediazione”. Questa mediazione avviene secondo l’autore in tre ambiti centrali: in primo luogo, mediazione tra cervello e corpo-organismo, che risultano collegati senza soluzione di continuità in processi circolari di rimandi neuronali, senso-motori ecc., inclusi i vissuti affettivi e cognitivi; in secondo luogo, mediazione tra l’organismo e mondo circostante, accoppiati in una relazione dinamica; infine, mediazione tra l’Io-persona e gli altri nella complessa dimensione dell’intersoggettività, modulata sin dalla primissima infanzia dall’esperienza corporea reciproca.

Tali mediazioni e connessioni circolari stanno anche al centro di importanti sviluppi nelle scienze cognitive degli ultimi decenni, confluiti nella cosiddetta embodied cognitive science. Secondo questo approccio, la soggettività o coscienza è incarnata (embodied) nell’attività senso-motoria dell’organismo, e radicata o situata (embedded) nell’interazione percettiva, senso-motoria, affettiva ecc. col mondo circostante. Fuchs fa l’esempio di una semplice azione strumentale come scrivere una lettera, azione in cui la mano, la carta, la penna e il cervello formano un’unità. È un’unità basata sull’intreccio dinamico e circolare tra cervello, corpo e ambiente; non possiamo separare i singoli elementi lungo un confine netto tra “dentro” e “fuori”, tre “Sé” e “non-Sé”: “Sarebbe altrettanto insensato come chiedersi se l’aria ispirata appartiene ancora al mondo esterno o già all’organismo” (p. 18).

Ricordiamo comunque che nella prospettiva fenomenologica è sempre il corpo vivente l’anello di congiunzione tra le varie dimensioni della nostra esistenza; il corpo è, con le famose parole di Maurice Merleau-Ponty, “il veicolo del nostro essere per il mondo”. All’interno di questa configurazione, il cervello è senz’altro l’organo centrale dei processi mentali, ovvero il luogo dei processi che sottendono la coscienza. Ma di per sé il cervello “non ha coscienza”, è “organo delle possibilità” (p. 24). Possibilità che possono realizzarsi solo nel processo di vita della persona nella sua interezza.

Fuchs chiude il suo saggio con la seguente domanda:

Se il soggetto non è nel cervello, allora dov’è? Io, il soggetto consapevole che fa esperienza e che agisce, non sono nel cervello, ma sempre esattamente là dov’è anche il mio corpo vivente con tutte le sue funzioni biologiche che rendono possibile e che producono i miei stati consapevoli e le mie azioni. Sono un essere vivente e incarnato, e ciò significa allo stesso tempo che non sono in un posto circoscritto ma sempre oltre il corpo, in relazione al mondo e agli altri” (p. 25).

Conclusione

Torniamo in conclusione alla citazione iniziale di Alexander Lowen. Se letta secondo la tradizione del dualismo occidentale, l’affermazione You are Your Body sembrerebbe ridurre la persona a una mera fisicità senza soggetto. Al contrario tale affermazione, se letta in una luce fenomenologica, appare pienamente convincente e lontana da una visione riduzionistica. Del resto, lo stesso Lowen parla poi espressamente del living body, del “corpo vivente” in cui una persona esiste e attraverso il quale si esprime e si relaziona col mondo.

Ancora più chiaramente, nel paragrafo seguente, Lowen a proposito del corpo afferma It is your way of being in the world, “è il nostro modo di essere nel mondo”. Quest’ultima affermazione riecheggia fortemente pensatori come Martin Heidegger e Maurice Merleau-Ponty. È come se Lowen avesse qui perspicacemente colto il nucleo della riflessione fenomenologica prima e dopo di lui. The more alive your body is, the more you are in the world – “Più il vostro corpo è vivo, più siete nel mondo” (Lowen, 1975, p. 45).

Nota clinica

Quest’ultima citazione introduce a un obiettivo centrale della psicoterapia bioenergetica. Come abbiamo visto sopra, prevale nella nostra cultura un atteggiamento strumentale verso il nostro corpo che facilmente comporta varie forme di alienazione da se stessi. Ciò significa che la familiarità col proprio corpo nonché l’attenzione ai profondi vissuti psico-corporei collegati, non sono per niente scontate; sono perciò obiettivi espliciti del processo terapeutico. Ed è stato lo stesso Alexander Lowen a sviluppare in modo esemplare un’ampia gamma di esercizi bioenergetici atti a promuovere tale consapevolezza corporea (Lowen, 1977).

In fondo si tratta di una rieducazione della percezione e dell’espressione di sé che richiede molto tempo. Tempo non solo nella pratica di esercizi da integrare nella vita quotidiana. Pensiamo qui in primo luogo ai tempi e ritmi del processo terapeutico. Facilmente il terapeuta sottovaluta il fatto che il paziente, per sentire veramente se stesso e entrare in spazi sconosciuti, ha bisogno di tempo. A livello tecnico, il terapeuta deve perciò imparare ad aspettare, a rallentare in certi momenti della seduta il ritmo dell’interazione. Sentire richiede tempo: per esplorare via via i propri vissuti, per trovare le rispettive isole corporee collegate a essi, e per farli propri identificandosi con essi. Attraverso questa identificazione con il Sé corporeo profondo, il paziente potrà infine dire “sono il mio corpo”, I am my body.

Bibliografia

Böhme G. (1988). Der Typ Sokrates. Francoforte sul Meno: Suhrkamp Verlag.

Brown M. (1990). The Healing Touch. An Introduction to Organismic Psychotherapy. Mendocina, CA-USA; trad. it. a cura di Mauro Pini, Maria Teresa Pinardi, Anna Maria Bononcini Il contatto terapeutico. Introduzione alla Psicoterapia Organismica. Tirrenia (Pisa): Edizioni del Cerro, 2007.

Fuchs T. (2010). “Das Gehirn – ein Beziehungsorgan” [“Il cervello, un organo di relazione”]. In: Information Philosophie, (5), 14-25.

Helferich C. (2018). Il corpo vissuto. La cura di sé nell’analisi bioenergetica. Roma: Alpes Italia.

Lowen A. (1975). Bioenergetics. Coward, McCann & Geoghen Inc., New York; trad. it Bioenergetica. Milano: Feltrinelli 1983.

Lowen A. e L. (1977). The Way to Vibrant Health. Harper & Row, New York; trad. it. Espansione e integrazione del corpo in Bioenergetica. Astrolabio – Ubaldini Editore, Roma 1979.

Radebold H. (2010). “Können und sollen Psychoanalytikerinnen und Psychoanalytiker lebenslang behandeln?” [”Possono e devono le psicoanaliste e gli psicoanalisti curare a vita?”], in Psyche, LXIV (2), 97-121.

27 Feb

La presenza del corpo nella psicoterapia

La presenza del corpo nella psicoterapia

Il ruolo centrale del corpo per il nostro benessere generale è un principio oggi ampiamente condiviso, che sempre più si sta affermando anche nel campo della psicoterapia. Ma se questo principio è diventato quasi common ground, patrimonio comune in ambito di cura, rimane la questione di come applicarlo concretamente nella terapia. Quale posto potrebbe avere il corpo in uno spazio tradizionalmente riservato allo scambio verbale? In che cosa consiste il cosiddetto “lavoro corporeo”? Come tradurre, con altre parole, complessi problemi psichici in termini corporei?

Forse possiamo distinguere tre diverse risposte a questa domanda. La prima, e attualmente più diffusa in tutti gli approcci di psicoterapia, è l’attenzione continua, nel corso dell’incontro tra paziente e terapeuta, al vissuto corporeo di entrambi. Perché in questo incontro i corpi dei protagonisti parlano, in un fitto dialogo di gesti, sguardi, timbri della voce, ecc., l’uno all’altro, manifestando vissuti psichici spesso difficilmente afferrabili con la sola parola. Quest’attenzione continua al vissuto corporeo arricchisce e approfondisce il processo terapeutico, aggiungendo al dialogo la preziosa dimensione del non-verbale.

La seconda risposta va oltre l’attenzione continua e consiste nell’attivazione diretta del corpo nel corso di una seduta. Attraverso appositi esercizi il paziente acquista via via una maggiore consapevolezza e familiarità col proprio corpo e in particolare con il respiro, sede organismica della vita affettiva. Tali esercizi, oltre a favorire l’espressione emozionale, spesso comportano anche un effetto energetico vitalizzante, una maggiore presenza del paziente a se stesso. Gli esercizi bioenergetici aprono una porta d’accesso alla sua forza vitale, aggiungendo così un’ulteriore dimensione al processo terapeutico.

Ma esiste un’altra modalità ancora, oltre a quella dell’attenzione continua e quella dell’attivazione diretta, di includere il corpo nella terapia attraverso una sua attivazione indiretta o non-direttiva. In questa visione, si considera il corpo tout court come serbatoio, come espressione e manifestazione della storia personale del paziente, custodita nella memoria corporea. Ed è attraverso molteplici e delicate tecniche esperienziali che questo serbatoio si rende accessibile, in modo che le tematiche psichiche profonde del paziente affiorino e vengano alla luce. La tecnica di base di questo approccio al corpo è il contatto che il terapeuta dà al paziente secondo modalità definite, al fine di ottenere una attivazione organismica.

Ad esempio, in caso di avvertita rigidità negli arti inferiori – un sintomo che solitamente nasconde un vissuto di profonda paura – il terapeuta potrà dare un contatto prolungato ai vari segmenti degli arti – gambe, ginocchia, cosce, anche. Nel corso di un tale contatto, in una condizione di silenzio che agevoli un’esperienza regressiva, il paziente potrà sperimentare sia l’antica paura sottostante la sua rigidità, che la forza liberatoria di un sostegno ricevuto.

Naturalmente è impossibile e anche poco sensato voler distinguere nettamente queste tre modalità di presenza del corpo in psicoterapia; si tratta di confini fluidi che si sovrappongono. Il corpo, come è stato detto, è un “crocevia dove confluiscono occasioni” (G. Downing); terapeuta e paziente devono decidere insieme quali occasioni cogliere per la crescita di entrambi.

Christoph Helferich

Raphael Chanterou, Homme aux masques, 1930

14 Feb

Allo Specchio del Corpo

4ª GIORNATA ESPERIENZIALE DI ANALISI BIOENERGETICA

2015-2016

ALLO SPECCHIO DEL CORPO

Disegno di Leonardo da Vinci

conduce lo psicoterapeuta

Dott. CHRISTOPH HELFERICH

Sabato 19 marzo 2016

ore 9,30 – 17,30

presso Associazione Centro Yoga Namastè

Via de Nicola, 18

50012 Bagno a Ripoli (Firenze sud)

Per informazioni e iscrizioni: Christoph Helferich – tel. 055/633508

christoph.helferich@gmail.com

sito: www.christoph-helferich.it

Allo Specchio del Corpo

Nel suo libro di base Bioenergetica, Alexander Lowen scrive:

Lavorando, pensando e scrivendo sulle mie esperienze personali e su quelle dei miei pazienti, sono giunto a una conclusione: La vita di un individuo è la vita del suo corpo. Poiché il corpo vivente comprende la mente, lo spirito e l’anima, vivere la vita del corpo significa avere una vita mentale, spirituale e sentimentale piena. Se questi aspetti della nostra natura sono carenti, è perché non viviamo interamente dentro o con il nostro corpo. Lo trattiamo come uno strumento o come una macchina. […]

La bioenergetica è una tecnica terapeutica che si propone di aiutare l’individuo a tornare ad essere con il proprio corpo e a goderne la vita con quanta pienezza possibile”.

* * *

La giornata esperienziale offre ai partecipanti un’occasione preziosa per la crescita personale, attraverso la combinazione di due comprovati approcci terapeutici:

  • lanalisi bioenergetica, che mira a una profonda conoscenza del corpo come testimone ed espressione della propria storia personale;

  • la situazione del gruppo, la cui atmosfera protetta permette di vedere se stessi allo specchio dell’altro, e incoraggia a sperimentare nuovi modi di comportamento al di là della routine quotidiana.

Il workshop ha carattere introduttivo ed è dunque aperto a tutti. Durante la giornata si esplorano, attraverso appositi esercizi corporei, nodi centrali come il respiro, la postura, le tensioni muscolari, la voce e lo sguardo. Nel lavoro di gruppo emergono così varie questioni emozionali come ansie, insicurezze, problemi di autostima, di apertura o di chiusura verso il mondo, che vengono affrontate in un contesto empatico e di reciproco sostegno. L’obiettivo di questo processo è una maggiore fiducia in se stessi e negli altri, un senso stabile di auto-realizzazione e in ultima analisi una maggiore joie de vivre.

La modalità del lavoro si orienta in maniera flessibile ai bisogni e desideri dei partecipanti e mira complessivamente a una condivisione e integrazione delle esperienze fatte durante il workshop.

Christoph Helferich, nato in Germania nel 1950, vive dal 1984 a Firenze e dal 1992 a Bagno a Ripoli. Giunge alla psicoterapia attraverso un lungo percorso in campo filosofico, dando perciò al suo lavoro terapeutico un preciso indirizzo esistenziale. È socio, supervisore e local trainer della Società Italiana di Analisi Bioenergetica (S.I.A.B.) di Roma nonché condirettore della rivista Grounding. È psicoterapeuta iscritto all’Ordine degli Psicologi della Toscana e svolge da oltre 20 anni la sua attività di psicoterapia individuale, psicoterapia di gruppo, di conduzione di esercizi bioenergetici e di formazione professionale nel campo della psicoterapia corporea.

Per ulteriori informazioni visita il sito: www.christoph-helferich.it

14 Feb

Allo Specchio del Corpo

4ª GIORNATA ESPERIENZIALE DI ANALISI BIOENERGETICA

2015-2016

ALLO SPECCHIO DEL CORPO

Disegno di Leonardo da Vinci

conduce lo psicoterapeuta

Dott. CHRISTOPH HELFERICH

Sabato 19 marzo 2016

ore 9,30 – 17,30

presso Associazione Centro Yoga Namastè

Via de Nicola, 18

50012 Bagno a Ripoli (Firenze sud)

Per informazioni e iscrizioni: Christoph Helferich – tel. 055/633508

christoph.helferich@gmail.com

sito: www.christoph-helferich.it

Allo Specchio del Corpo

Nel suo libro di base Bioenergetica, Alexander Lowen scrive:

Lavorando, pensando e scrivendo sulle mie esperienze personali e su quelle dei miei pazienti, sono giunto a una conclusione: La vita di un individuo è la vita del suo corpo. Poiché il corpo vivente comprende la mente, lo spirito e l’anima, vivere la vita del corpo significa avere una vita mentale, spirituale e sentimentale piena. Se questi aspetti della nostra natura sono carenti, è perché non viviamo interamente dentro o con il nostro corpo. Lo trattiamo come uno strumento o come una macchina. […]

La bioenergetica è una tecnica terapeutica che si propone di aiutare l’individuo a tornare ad essere con il proprio corpo e a goderne la vita con quanta pienezza possibile”.

* * *

La giornata esperienziale offre ai partecipanti un’occasione preziosa per la crescita personale, attraverso la combinazione di due comprovati approcci terapeutici:

  • lanalisi bioenergetica, che mira a una profonda conoscenza del corpo come testimone ed espressione della propria storia personale;

  • la situazione del gruppo, la cui atmosfera protetta permette di vedere se stessi allo specchio dell’altro, e incoraggia a sperimentare nuovi modi di comportamento al di là della routine quotidiana.

Il workshop ha carattere introduttivo ed è dunque aperto a tutti. Durante la giornata si esplorano, attraverso appositi esercizi corporei, nodi centrali come il respiro, la postura, le tensioni muscolari, la voce e lo sguardo. Nel lavoro di gruppo emergono così varie questioni emozionali come ansie, insicurezze, problemi di autostima, di apertura o di chiusura verso il mondo, che vengono affrontate in un contesto empatico e di reciproco sostegno. L’obiettivo di questo processo è una maggiore fiducia in se stessi e negli altri, un senso stabile di auto-realizzazione e in ultima analisi una maggiore joie de vivre.

La modalità del lavoro si orienta in maniera flessibile ai bisogni e desideri dei partecipanti e mira complessivamente a una condivisione e integrazione delle esperienze fatte durante il workshop.

Christoph Helferich, nato in Germania nel 1950, vive dal 1984 a Firenze e dal 1992 a Bagno a Ripoli. Giunge alla psicoterapia attraverso un lungo percorso in campo filosofico, dando perciò al suo lavoro terapeutico un preciso indirizzo esistenziale. È socio, supervisore e local trainer della Società Italiana di Analisi Bioenergetica (S.I.A.B.) di Roma nonché condirettore della rivista Grounding. È psicoterapeuta iscritto all’Ordine degli Psicologi della Toscana e svolge da oltre 20 anni la sua attività di psicoterapia individuale, psicoterapia di gruppo, di conduzione di esercizi bioenergetici e di formazione professionale nel campo della psicoterapia corporea.

Per ulteriori informazioni visita il sito: www.christoph-helferich.it

Dott. Christoph Helferich
Psicologo Psicoterapeuta
Analista bioenergetico
Supervisore e Didatta della Società Italiana di Analisi Bioenergetica (S.I.A.B.).

Studi: Via G. C. Vanini 11,
50129 Firenze.
Via A. M. Enriques Agnoletti 50, 50012 Bagno a Ripoli (Firenze Sud).

tel. 333 468 9183
christoph.helferich@gmail.com

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